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14 Febbraio 2020

Biotech: creatore di nuove opportunità

Cosa si intende per Biotech? Facendo un passo indietro, per biotecnologie, si possono definire tutte quelle applicazioni tecnologiche della biologia, ossia l’innescare di quei processi che, utilizzando sistemi biologici e organismi viventi riesce a produrre prodotti o processi nuovi o modificati. Da questo punto di vista, le biotecnologie, possono offrire davvero un grande potenziale di innovazione nella realizzazione di prodotti totalmente nuovi in diversi settori. Il termine che ci sarà utile a capire l’importanza delle biotech per il nostro settore, ovvero, quello del Healthcare & Life Sciences, è Red Biotech anche noto come biotech medicale.

La caratteristica che contraddistingue questo biotech rispetto ad altre applicazioni su altri settori tra cui l’agricoltura o il chimico industriale, è proprio il fatto che si faccia un uso di metodi e processi biotecnologici per lo sviluppo di nuove terapie, vaccini, diagnostica molecolare, drug discovery (inteso come la scoperta di applicazioni o prodotti considerati nuovi per il mercato e per il loro impatto terapeutico), per non parlare anche del ruolo nello sviluppo di nuove applicazioni in ambito cosmetico.

In Italia e nel resto del mondo, il settore delle biotecnologie conta con un potenziale per l’economia e la società molto vantaggioso. Da questo punto di vista Assobiotec, ente di autorità in materia, ci assicura che le scienze della vita possono rappresentare tante opportunità sia per quanto riguarda l’aspetto terapeutico e di innovazione delle terapie avanzate, che per quanto riguarda le opportunità di lavoro e gli investimenti che stanno crescendo sempre di più in questo ramo dell’industria della salute. Non a caso, il Red Biotech in Italia rappresenta la maggioranza delle imprese biotech (53%), pesando un 75% sul fatturato totale del settore.

L’industria biotecnologica è un comparto ad alta intensità di ricerca: di questa R&S, circa il 40% dei progetti in pipeline sono di tipo biologico come per esempio gli anticorpi monoclonali, i vaccini, o le proteine ricombinanti che sono orientate a trattare quelle malattie o patologie che spesso ancora oggi non hanno delle risposte terapeutiche adatte o che sono legate all’invecchiamento generale della popolazione Italiana.

Di conseguenza, i ruoli più ricercati nel mondo del Biotech e quelli considerati fondamentali per uno sviluppo ulteriore del mercato e soprattutto per l’innovazione necessaria a sviluppare nuovi prodotti, sono quelli legati proprio alla Ricerca e Sviluppo (R&S o anche noto come R&D per gli anglofoni). In particolare, la figura più ricercata è proprio quella del Research & Development Manager. Che funzione ha questa figura e cosa si cerca in un candidato ideale? Di sicuro la prima competenza di rilievo è proprio quella di saper guidare nuovi progetti dalla presa in carico fino alla conclusione secondo il piano aziendale, seguono poi la capacità di sviluppare concetti, utilizzare materie prime complesse e applicare le tecnologie avanzate a disposizione per sviluppare nuovi prodotti e terapie innovative. Questo avviene con una capacità di pensare outside the box, la passione per la ricerca e una forte curiosità e perseveranza (molto richiesti) e spesso considerati fondamentali per portare a casa e tenere il passo con scadenze e obiettivi molto sfidanti.

Completano il profilo la capacità di lavorare in team e di condividere con colleghi le proprie riflessioni per arrivare insieme ad un risultato positivo, poiché il lavoro di squadra è pur sempre alla base dell’innovazione e dello sviluppo. Infine, le esperienze maturate nella ricerca sia a carattere aziendale che universitario, rappresentano una preferenza non indifferente in aggiunta alla preparazione in materie a forte sfondo scientifico come le Biotecnologie Mediche, Ingegneria Biomedica, e Chimica e Tecnologie Farmaceutiche. La conoscenza della lingua inglese è sicuramente gradita visto che l’ambiente della ricerca e della letteratura medico-scientifica a livello internazionale spesso ha origine in paesi anglofoni dove l’inglese rappresenta un po’ il comune denominatore della comunicazione in cerchie scientifiche di ricerca.

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