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16 Luglio 2020

Multinazionale vs PMI: quale futuro?

Le differenze e le prospettive delle imprese multinazionali e, in contrasto, delle Piccole Medie Imprese tradizionalmente italiane sono discusse sempre più di frequente, specialmente in quest’ultimo decennio, considerato l’aumento esponenziale dei processi di assorbimento che le prime intraprendono nei confronti delle seconde. È possibile definire quale, tra le due, ha il miglior modello aziendale?

Facciamo qualche considerazione tecnica sulle differenze che sussistono. La velocità nel creare, comunicare e vendere che ha la PMI, unita alla possibilità di personalizzare un prodotto fino a livello individuale, è senza dubbio un punto di forza. Interfacciarsi con una multinazionale, invece, è quasi come interfacciarsi con un pubblico ministero, e.g. tempistiche dilatate. Inoltre, il valore del singolo lavoratore è pressoché nullo, se non come mero esempio di forza lavoro. Nelle aziende di piccole dimensioni, anche l’ultimo arrivato è un valore aggiunto, in quanto espressione diretta di pensiero e creatività. Come è noto, le PMI italiane puntano molto su qualità e originalità: questo, per quanto possibile grazie a un’importante tradizione industriale, dipende dal fatto che solo in un contesto limitato è possibile raggiungere determinati standard. Ciononostante, seppur con un meccanismo più rigido, solo un’azienda con un certo potere economico e con una forza lavoro estesa può soddisfare la domanda, molto spesso sovranazionale, generata dai consumatori.

Non è possibile, quindi, delineare nettamente quale sia la migliore tra le due forme di impresa. Certo è, però, che la società verso la quale ci avviamo, la società del futuro, ha bisogno di entrambe. Da una parte la particolarità e bellezza del prodotto proveniente dalle PMI, dall’altra la produzione di massa e generalista che soddisfi le esigenze basilari di tutti.

Il mercato sempre più globalizzato nel quale viviamo potrebbe sembrare spietato nei confronti delle piccole realtà, ma, come scrisse Smith già nel diciottesimo secolo, esso tende all’equilibrio. È proprio grazie alle multinazionali, infatti, che le piccole aziende possono distinguersi per la propria qualità, e viceversa le grandi realtà possono arrivare dove le PMI non arrivano.

L’analisi non cambia molto se prendiamo in considerazione il mercato del lavoro. I due mercati che fanno riferimento alle due tipologie di azienda, se da un lato sono nettamente divisi, dall’altro sono interdipendenti. Contrariamente a quanto si possa pensare, i lavoratori, intesi come forza lavoro di base, dopo una prima esperienza in una grande realtà preferiscono spostarsi verso un’azienda più piccola. Probabilmente questo avviene grazie alla ricerca di una dimensione più a misura d’uomo – tipica della realtà piccola – ignorando il potere di un brand e la stabilità economica più che offre un impiego in una multinazionale. Le figure professionali più specializzate, sia tecniche che ingegneristiche, compiono solitamente il percorso inverso: preferiscono fare esperienza e consolidare le proprie conoscenze in una realtà più modesta, per poi puntare ad una crescita professionale e a un consolidamento economico in un contesto multinazionale. Così il mercato, come per i consumatori, resta in equilibrio anche per i lavoratori, in modo che il risultato finale resti invariato e che tutti gli individui siano soddisfatti. La parola d’ordine è appagamento!

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