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10 Agosto 2020

Gli italiani pensano al lavoro in modo troppo emotivo invece di affrontarlo in maniera razionale?

Pensare che una discussione su una questione lavorativa (cambiare azienda o dibattiti tecnici) si possa risolvere solo in modo emotivo, potrebbe risultare limitativo. Non si può, infatti, di certo negare che le emozioni svolgano un ruolo attivo in tutte le aree della nostra esistenza, molto spesso a favore della nostra sopravvivenza. Esse però potrebbero diventare un’arma a doppio taglio nel momento in cui si deve fare un’importante scelta di vita.

E’ facile immaginare quali effetti possano produrre le emozioni durante una riunione o un colloquio: se una o entrambe le parti provano ira, odio, risentimento, paura o altri sentimenti, è ovvio che il loro modo di comunicare e di negoziare ne risentirà più o meno intensamente. Ciò che più interessa in questa sede non è, infatti, un analisi delle tipologie delle emozioni, quanto invece capire alcuni meccanismi fondamentali. Se poniamo attenzione alle scienze biologiche e psicologiche, viene chiarito da molti esperti che molte, se non la maggior parte delle emozioni umane, sono suscitate da credenze che derivano sia dal nostro sfondo biologico che dall’ambiente in cui viviamo. Le nostre emozioni dipendono cioè da ciò che noi crediamo. Si tratta del risultato di un processo che ci porta a fare pareri o valutazioni sulle base informazioni che abbiamo ricevuto o che crediamo di aver ricevuto. Si può allora cominciare chiedendoci perché l’emozione è così forte da prendere talvolta il sopravvento e perché, conseguentemente è così difficile da gestire. E’ un fenomeno connesso alla sopravvivenza: meglio prendere paura per nulla che non rendersi conto di un pericolo. Ciò genera effetti non voluti nel mondo moderno, in cui questo meccanismo di “protezione” spesso rischia di innescare reazioni immediate, ma errate. Spesso questo meccanismo si rivede anche nelle scelte lavorative. I candidati italiani, specialmente quelli di media esperienza, per paura di perdere quello che hanno fin ora “conquistato”, spesso non sono motivati al cambiamento. Probabilmente non è una scelta consapevole, ma la paura di un qualcosa che non si conosce prende il sopravvento, facendo rifiutare opportunità di potenziale crescita. Sicuramente è fondamentale il lato emotivo nella scelte lavorative ma probabilmente la decisione ideale deriva dall’equilibrio tra emotività-razionalità. L’informazione e la curiosità fanno parte della razionalità e possono aiutare a fare scelte ponderate e a mantenere comunque il controllo. Per avvicinarsi a questo obiettivo bisognerebbe raggiungere un equilibrio che permetta di rimanere lucidi e limitare il più possibile l’insoddisfazione che caratterizza l’uomo.

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